Fervono i lavori in corso alla ricerca di uno stoccaggio energetico in grado di fornire una sempre migliore energia, con il migliore, o meglio, minore impatto ambientale a partire da elementi abbondantemente disponibili in natura. L’orizzonte è, ovviamente, legato al boom delle quattro ruote elettriche, ma non solo visto che “le batterie of things”, a oggi per lo più a base di litio, sono il cuore di molti strumenti utilizzati quotidianamente. E più batterie avremo in giro, più delicato sarà il loro smaltimento.
Ripensare al meglio la filiera del recupero quindi è fondamentale infatti a oggi non esistono impianti di riciclaggio specifici per le batterie agli ioni di litio, oppure prevedono ancora metodologie molto complicate che potrebbero creare problemi di impatto ambientale a lungo termine. Il riciclo delle batterie al litio è un problema sia di messa in sicurezza delle batterie stesse, sia di capacità e quindi costi per il recupero di elementi quali alluminio, rame, vetro e rottami ferrosi e di quei metalli che servono per immagazzinare l’energia, come cobalto, nichel, manganese e litio. In particolare si punta sul riciclo del cobalto, raro e costoso metallo e fondamentale per la possibilità di produzione di batterie nel futuro.
Ne sa qualcosa il Cobat (lo storico Consorzio Nazionale Raccolta e Riciclo attivo in Italia) che a questo proposito sta studiando assieme ad alcuni player del settore un modello di riuso delle batterie al litio che almeno sulla carta sembra efficace: si punta quindi al riutilizzo degli accumulatori (di qualsiasi chimica a eccezione di quella al piombo) dismessi dal settore sia automotive elettrico e/o ibrido, ma anche quelli provenienti da altri settori.
La strada è quella del riuso in applicazioni quali per esempio quelle della rete di distribuzione elettrica ma si dovranno valutare tutti i possibili ambiti di riutilizzo degli accumulatori rigenerati, individuando le tipologie standard dei moduli di accumulo energetico impiegabili sulla rete, anche per altri potenziali portatori di interesse. Il secondo ciclo di vita determinerà molto probabilmente una riduzione considerevole dei loro costi di trattamento e recupero finali. I laboratori di ricerca non stanno a guardare e cercano nuove tecnologie: recenti studi condotti anche da ricercatori del Cnr hanno dimostrato che le batterie al litio che sono sul mercato, o comunque in fase avanzata di industrializzazione, se opportunamente integrate e gestite, possono competere con il motore a combustione interna in ambito automobilistico o essere accoppiate alle sorgenti intermittenti di energia elettrica come sistemi di accumulo a costo contenuto. Queste batterie sono ormai in grado di sostenere oltre 30.000 cicli di carica/scarica a velocità accettabile, equivalenti a un ciclo di vita di 10 anni.
Alla base la consapevolezza che l’implementazione di tecnologie per l’energia pulita richiede grandi quantità di metalli che sono definiti critici per scarsità, pericolosità o questioni geopolitiche e fra questi sono presenti anche il litio e il cobalto. A livello di materiali il costo e la sostenibilità ambientale delle batterie al litio dipendono principalmente dalla scarsità, dal processo di sintesi e dal riciclo: la ricerca intensiva condotta in questi anni ha permesso di ottenere batterie “all-solid-state” che, a parità di prestazioni, permettono di evitare l’uso di derivati del cobalto, migliorandone la sostenibilità e facilitandone lo smaltimento.
Insomma è necessario costruire degli impianti di riciclaggio di queste batterie che permettono il recupero dei materiali recuperabili e lo smaltimento sicuro dei materiali pericolosi, c’è tanto lavoro da fare nel tempo quindi vedremo nel futuro prossimo cosa accadrà.